Quando un albero del vicino si ritiene pericoloso, cosa si può fare?

Un albero di grosse dimensioni, radicato nella proprietà del vicino, inclinato verso il tetto della propria casa, dà parecchio da pensare, soprattutto durante i frequenti ed intensi temporali estivi. “Speriamo che non cada!” La speranza è lecita ma affidarsi a tecnici qualificati permette di avere molte conoscenze e garanzie in più…

Nelle casistiche in cui si teme un danno, la soluzione da privilegiare, consiste nel dialogo tra le parti per giungere ad una soluzione condivisa e, generalmente, poco onerosa. Dove questa strada non sia percorribile è importante affidarsi ad agronomi esperti nell’interpretazione della normativa e con un background di conoscenze tale da permettere una chiara identificazione della criticità e stabilire la miglior strategia da seguire.

In caso di danno temuto a cose e persone è possibile appellarsi al Codice Civile, che nell’articolo 1172, definisce quanto segue:

“1172. Denunzia di danno temuto. – Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all’autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo”.

La denunzia di danno temuto può essere meglio espressa da una comunicazione scritta (perizia) a firma di un agronomo abilitato che identifica le problematiche e i fattori di rischio per la proprietà. A seguito dell’elaborato tecnico il proprietario dell’albero “pericoloso” ha, davanti a sé, due strade da percorrere: la prima consistente nella rimozione immediata del pericolo (in questo caso l’albero); la seconda consistente nella predisposizione, da parte di un tecnico di parte abilitato, di una specifica perizia che valuti le caratteristiche dendrologiche, strutturali e fitosanitarie dell’albero mediante approfondite analisi sia visive sia strumentali. Il lavoro del tecnico di parte certificherà lo stato di salute della pianta e il reale rischio di danni, al fine di provvedere ad eventuali interventi volti alla riduzione del rischio (potature, trattamenti al piede) per conservare, se tecnicamente possibile, l’albero in sicurezza e fugare i timori del vicino.

Lo Studio Tovaglieri, grazie alla grande esperienza maturata negli anni, è in grado di fornire consulenza specifica ed altamente specializzata nelle casistiche descritte al fine di garantire la sicurezza dei luoghi e la serenità sia dei proprietari che dei vicini!

Tappeto Erboso – è possibile una gestione Bio delle avversità?

È il sogno di tutti avere intorno alla propria casa un tappeto erboso perfetto senza utilizzare prodotti chimici. Un prato “biologico” in cui adulti, bambini e animali possono stare senza restrizioni: ora non è solo un mito creato dalla paura del chimico; è un obiettivo verso cui tendere secondo la legge! La recente normativa nazionale sull’uso dei prodotti fitosanitari (Piano di Azione Nazionale, Decreto del 22 gennaio 2014) parla chiaro: utilizzare sempre meno prodotti fitosanitari. Passare da tutto a niente, soprattutto nel verde ornamentale, è impensabile; la legge potrà essere rispettata e capita se il primo passaggio sarà cambiare l’approccio al problema.

Nella gestone del tappeto erboso (e anche delle altre coltivazioni, ornamentali e produttive!) l’iter consueto è sempre stato: ho un’erbaccia, un parassita, una malattia, faccio un trattamento e risolvo. La nuova mentalità deve essere: programmo tutte le cure necessarie affinché nel mio prato non si presentino erbacce, parassiti e malattie così da evitare i trattamenti. Questo significa ricordarsi che l’erba si ammala meno ed è più competitiva contro le erbacce se ben nutrita, tagliata e irrigata con criterio e regolarità. Una gestione corretta del tappeto erboso è già una gestione biologica!

La legge non dice di non prendere mai più in mano un prodotto fitosanitario: le tappe da percorrere sono usare prodotti fitosanitari solo se necessario e prediligere quelli a minor impatto, cioè meno tossici per tutti, ambiente, persone, animali. Questo nel tappeto erboso può concretizzarsi con la scelta di un diserbante antigerminello contro il pabbio piuttosto che di un selettivo post-emergenza perché richiede meno applicazioni; oppure nell’affidarsi a tecnici esperti per sapere che alcune malattie fungine possono essere facilmente debellate con una concimazione azotata senza ricorrere al fungicida.

Ricordiamoci che il tappeto erboso è un sistema artificiale e non naturale, non può essere conservato in maniera performante senza continui interventi colturali. Lo Studio Tovaglieri propone un piano di gestione del tappeto erboso orientato verso “il biologico”, così come lo abbiamo descritto, e dedicherà a questo argomento il seminario serale di venerdì 3 marzo presso la nostra sede di Golasecca (VA) e la lezione di pratica in campo di sabato 11 marzo.

 

Serena Tentorio

Chi può comprare i prodotti fitosanitari?

Tutto parte dalla Direttiva 128/2009 del Parlamento Europeo che inaugura un’azione comunitaria ai fini dell’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Le linee guida disegnano uno scenario nuovo, tra cui colpiscono la distinzione fra prodotti fitosanitari per utilizzatore professionale e per utilizzatore non professionale, l’obbligo di avere una abilitazione sia per l’acquisto che per l’utilizzo dei prodotti, chiare indicazioni per lo smaltimento dei prodotti revocati, inutilizzabili e per le confezioni esauste. Ci sono voluti alcun anni e decreti intermedi per approdare ad un Piano di Azione a livello Nazionale in Italia (PAN di gennaio 2014) che regolarizza nel dettaglio la vendita, l’acquisto e l’uso dei prodotti fitosanitari secondo quanto previsto dalla Direttiva Europea.

Tuttora però manca un decreto legge completo e definitivo per quanto riguarda la regolamentazione dei prodotti fitosanitari destinati all’utilizzatore non professionale e la campagna 2017 si è aperta nell’incertezza.

Chi può comprare cosa? In sintesi la situazione è questa:

–        Ai fini dell’acquisto e dell’uso dei prodotti fitosanitari è un utilizzatore professionale non è solo chi “utilizza i prodotti fitosanitari nel corso di un’attività professionale” (chi ha la partita iva), ma chiunque è in possesso dell’abilitazione all’acquisto e all’utilizzo dei prodotti fitosanitari (il vecchio “patentino”). Questa persona ha la possibilità di acquistare ed utilizzare qualunque fitofarmaco sul mercato, indipendentemente dal fatto che lo usi per lavoro o per hobby. È un soggetto formato e quindi si presume che sappia quello che fa!

–        Chi non ha il patentino può acquistare i prodotti che non appartengono ad alcune categorie di pericolo, ovvero gli ex molto tossici, tossici e nocivi, e gli equivalenti secondo al nuova etichettatura CLP, ormai in circolazione da più di un anno.

Sembra semplice, chiaro e sensato, ma ci sono alcuni aspetti che rendono questa situazione paradossale: l’utilizzatore professionale può comprare tutto se ha il patentino, ma, se non ce l’ha, non può comprare niente! Perché la legge dice espressamente che “l’utilizzatore professionale che acquista, per sé o per conto terzi, prodotti fitosanitari e coadiuvanti deve essere in possesso di specifico certificato di abilitazione all’acquisto e all’utilizzo” (art.9, D.Lgs. 150/2012). Tutti i prodotti fitosanitari, senza distinzione di pericolosità.

Al momento l’hobbista senza certificato di abilitazione può acquistare ancora gran parte dei prodotti sul mercato. Il Decreto in arrivo restringerà notevolmente il ventaglio di prodotti vendibili a chi non ha il patentino perché saranno solo ed esclusivamente quelli con riportato in etichetta “prodotto non professionale”. In attesa di completare il puzzle ed avere una visione definitiva e sicura sul mercato futuro, chi compra prodotti fitosanitari si rivolga alle rivendite specializzate e aggiornate sui cambiamenti in corso!

Calcitare o non calcitare?

Chi sa cosa vuol dire? Lo spiego brevemente, la calcitazione è un intervento di correzione dell’acidità dei terreni, la si ottiene somministrando carbonato di calcio.

I nostri terreni, per natura geologica, sono privi di carbonati di calcio e di magnesio; questa caratteristica determina un pH fortemente acido o acido con valori variabili dal 4,5 al 5,5.

L’acidità del terreno comporta una serie di problematiche alle piante tra cui la difficoltà ad assorbire molti elementi minerali magari presenti ma non assimilabili dai vegetali. Il tappeto erboso, come le colture orticole e frutticole, esige un intervallo di pH tra il 6,2 ed il 7,5 per poter assorbire correttamente tutti gli elementi nutritivi necessari.

L’apporto di carbonato di calcio anno dopo anno tampona gradualmente l’acidità del terreno (modificare il pH del tappeto erboso in maniera repentina non è un bene!) ed apporta calcio disponibile per l’erba, rendendola più resistente alle malattie ed agli stress climatici.

Correggere il pH del terreno verso un valore più vicino all’ideale permette anche ai micro-organismi utili naturalmente presenti nel terreno del prato, di agire meglio, umificando e mineralizzando più velocemente la sostanza organica: l’accumulo di sostanza organica indecomposta è una delle prime cause delle malattie del tappeto erboso!

Operativamente la calcitazione è un operazione semplicissima, come una concimazione granulare: il carbonato di calcio è un piccolo granulo facile da distribuire sul tappeto erboso con un carrello spargitore oppure a mano tra febbraio e marzo.

 

Carlo Fornara

Ristrutturazione dei giardini: una necessità ed una opportunità

Se si possono ristrutturare gli edifici e le case, perché non è possibile farlo con i giardini? I giardini crescono ed invecchiano, diventando spesso sempre più piccoli a causa del normale accrescimento delle piante e non rispondendo più alle esigenze della vita di oggi, differente da quella di ieri, anche perché nel frattempo siamo cresciuti anche noi, non tanto in dimensioni, ma in esigenze. La scelta di piante sbagliate effettuata a suo tempo, la macchina più grande o più macchine, la necessità di vedere bene per la sicurezza o non farsi vedere per mascherare il condominio costruito da poco che ci guarda in casa, il vicino antipatico o rumoroso, la vecchiaia che ci toglie un po’ di forza per la manutenzione; questi sono alcuni dei motivi perché è utile ristrutturare un giardino.

Quando ci chiamano per progettare la ristrutturazione di uno spazio verde che non risponde più alle esigenze o ai gusti di chi lo vive, ci si domanda quali piante e infrastrutture (viottoli, camminamenti, muretti …) possono essere conservate per essere valorizzate diversamente e quali cose invece devono essere tolte perché onerose da mantenere oppure non rispondenti più alle funzioni per cui erano state originariamente impiantate o predisposte. Si pensi agli alberi di una certa dimensione che per paura di schianti vengono capitozzati o tagliati con forme innaturali come un cedro potato a forma di panettone! Queste non sono ristrutturazioni, ma motivi per farsi guardare male da tutti. Ristrutturare un giardino significa ripensarlo per essere più piacevole, più funzionale, meno costoso da mantenere, più utile all’ambiente urbano e naturale. La ristrutturazione del giardino è l’opportunità di poterlo vivere meglio, come fosse un prolungamento della casa, un altro locale che non è noioso perché cambia ad ogni stagione! Si legge sui giornali che anche la ristrutturazione del giardino verrà incentivata da quest’anno come per gli interventi di edilizia: bene! Appena saranno certe le misure economiche di incentivazione, ve ne renderemo conto.

Andrea Tovaglieri

SCUDOTHERM protegge le piante dal gelo

Il gelo! Dopo due anni di inverno mite, quest’anno le temperature gelide non ci danno tregua. Molte colture non autoctone delle nostre zone non hanno la capacità di resistere a lungo alle basse temperature. Le parti più erbacee come gli apici dei rami negli olivi si allessano sotto la continua pressione del gelo e già si vedono i danni. Vado oltre: un aggiuntivo problema, purtroppo sottovalutato, causa gravi danni alle colture erbacee, è la disidratazione. D’inverno?  Si, la causa è dovuta al terreno completamente gelato che blocca totalmente l’attività delle radici, mentre le temperature diurne, quasi gradevoli al sole diretto, riscaldano le foglie delle piante sempreverdi, promuovendo, anche se minimamente, l’attività fotosintetica e la traspirazione. Il mancato assorbimento di acqua da parte delle radici provoca un’inesorabile disidratazione delle piante.

Rimedi? Uno solo, si chiama SCUDOTHERM. Un prodotto a base di un copolimero autoreticolante, non tossico e biodegradabile. Una volta diluito in acqua e irrorato con spray direttamente su tutta la superficie delle piante, forma una membrana semi-permeabile che esercita una funzione protettiva dagli sbalzi di temperatura e dai danni da gelo. La membrana, incolore e inodore, possiede caratteristiche di flessibilità ed elasticità che garantiscono il perfetto adattamento a tutta la porzione aerea della pianta. Permette di ridurre considerevolmente la perdita di acqua da parte della pianta per traspirazione, così da ridurre notevolmente il rischio di ghiacciate superficiali. SCUDOTHERM permette inoltre di ridurre tutte le ustioni cellulari causate da brinate, da sbalzi repentini di temperature e dalla disidratazione causata dal vento e dai raggi solari diretti. La sua protezione dura fino ad un mese.

Proteggete le vostre piante.

 

Carlo Fornara

Le distanze di alberi e siepi dai confini di proprietà

L’erba del vicino è sempre più verde…e gli alberi del vicino sono spesso troppo “vicini” e invadenti.

La prima può essere una filosofica metafora sull’invidia, la seconda è una realtà concreta che pone questioni di sicurezza, pulizia e limitazione alla fruizione degli spazi.

Se i rapporti con i vicini sono cordiali, si può trovare una soluzione con il buon senso; se il compromesso non si raggiunge in prima persona, diviene importante ricorrere alla consulenza di un agronomo in grado di analizzare super partes” la situazione e fornire l’adeguata consulenza tecnico-giuridica per la risoluzione della questione.

In dettaglio, l’articolo 892 del Codice Civile definisce le distanze da rispettare in caso di semina o impianto di un’essenza nelle vicinanze del confine della proprietà (come riportato nella news “Alberi e Strade: un connubio possibile?”): oltre il confine potrebbe esserci un’area pubblica oppure il giardino del vicino.

Se il confine tra le proprietà è segnato da una recinzione di rete o di legno, le distanze da rispettare non mutano. Se invece c’è un muro divisorio può non essere necessario rispettare le distanze, a patto che le piante a confine vengano mantenute ad un’altezza che non superi la sommità del muro.

In caso di mancanza del rispetto delle distanze il vicino può esigere che gli alberi e le siepi impiantati vengano estirpati (art.894). Nel caso di un nuovo impianto è facile valutare se le distanze sono illegali. Ma se il vicino chiede l’abbattimento di alberi già esistenti e di grande circonferenza, da dove si misurano le distanze? L’art. 892 dice chiaramente che “la distanza si misura dalla linea di confine alla base esterna del tronco dell’albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo in cui fu fatta la semina”.

E se i rami di un albero di grandi dimensioni, radicato a distanza regolare nella proprietà adiacente alla mia, si protendono nel mio terreno? Questa può essere considerata una situazione problematica oppure vantaggiosa: se, per esempio, si tratta di un tiglio che crea disagio alla caduta delle foglie, per legge posso obbligare il vicino a potarlo. Se invece i rami protesi sono di un noce carico di frutti, “se gli usi locali non dispongono diversamente”, le noci (se non se le sono mangiate gli insetti o i ghiri) cadute sulla mia proprietà mi spettano di diritto!

Lo Studio Tovaglieri, ormai da 25 anni assiste privati, enti pubblici, aziende e studi legali nelle questioni riguardanti la vegetazione di confine. La casistica dell’esperienza maturata è incredibilmente ampia!

Alberi e strade: un connubio possibile?

Se riflettiamo sui tempi passati non possiamo non pensare alla maestosità e alla bellezza del famoso viale degli Champs – Elysèes di Parigi o del caratteristico paesaggio toscano in cui si riconoscono le geometrie e le sagome del Viale dei Cipressi del Bolgheri.

In considerazione dell’evidente successo sperimentato con queste soluzioni viabilistiche, i viali alberati sono diventati una realtà piuttosto comune sia in ambiente cittadino che al di fuori dello stesso.

Una domanda sorge però spontanea, possiamo transitare in questi viali in tutta sicurezza oppure gli alberi posti a margine della carreggiata possono diventare pericolosi?

Esistono delle norme che regolano la distanza degli alberi dalla carreggiata, se si quali?

L’articolo 893 del Codice Civile cita: “Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano, (…) i regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, si osservano le distanze prescritte dall’articolo 892 del Codice Civile (Distanze dal confine – 3 metri per le piante di alto fusto, 1,5 metri per le piante non di alto fusto e mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo)”.

Inoltre, per gli alberi posti in ambiente cittadino, occorre considerare le Norme imposte dall’Art. 18 del Nuovo Codice della Strada (D.L. 30 aprile 1992 n. 285 e s.m.i.): Le recinzioni e le piantagioni dovranno essere realizzate in conformità ai piani urbanistici e di traffico e non dovranno comunque ostacolare o ridurre, a giudizio dell’ente proprietario della strada, il campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circolazione.”

Nel caso in cui viale si trovi fuori dai centri abitati “la distanza dal confine stradale da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, NON può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque NON inferiore a 6 m.” (art.26 del Regolamento di Attuazione del Codice della Strada).

Oltre alle distanze minime valide per l’impianto dei nuovi alberi bisogna considerare anche i viali alberati esistenti prima dell’entrata in vigore delle suddette norme.

Di fondamentale importanza è il costante ed attento monitoraggio di questi alberi da parte di tecnici competenti e la tempestiva segnalazione e risoluzione delle problematiche che dovessero di volta in volta presentarsi.

Intervenendo efficacemente ed in modo solerte sarà possibile ridurre il verificarsi di pericolosi incidenti, prendersi cura del patrimonio vegetazionale esistente e, quando occorre, provvedere alla graduale sostituzione degli alberi malati o morti, al fine di garantire anche alle generazioni future di godere dei benefici che gli alberi in ambiente urbano sono in grado di garantire sulla vita dell’uomo.

 

Martina Roncalli

Quando tagliare un bosco diventa complicato, chiama un professionista!

Abbiamo detto, nelle scorse news, che chi vuole tagliare un bosco ha, nei casi più semplici, due obblighi: rispettare la stagione silvana e presentare una denuncia di taglio informatizzata rivolgendosi ad un soggetto abilitato a tale operazione. Che cosa può complicare la procedura?
In Lombardia le Norme Forestali Regionali contenute nel Regolamento Regionale n° 5 del 2007 e nelle successive modifiche ed integrazioni, sviscerano caso per caso l’iter da intraprendere se, per esempio, il bosco è radicato in un parco regionale oppure se la superficie su cui effettuare il taglio è maggiore di un ettaro. Il ruolo di un professionista agronomo o forestale non è solo districarsi nella complessità della casistica e seguire il procedimento conseguente, ma anche redigere e firmare i documenti richiesti dalla normativa e indispensabili per completare la pratica.
Il Regolamento del 2007 ha messo in evidenza un’altra figura professionale fondamentale: l’impresa boschiva. Se chi è proprietario di un bosco da tagliare non è in grado di effettuare il taglio autonomamente, è bene che si affidi a ditte specializzate. Ricorrere a questo servizio diventa obbligatorio per i tagli su superfici più grandi di un ettaro e/o per asportare una massa di legname superiore a quanto previsto dalle Norme Forestali Regionali. In Lombardia esiste un Albo regionale delle imprese boschive, recentemente aggiornato, che comprende attualmente circa 300 iscritti distribuiti in tutte le province.
La  gestione di un bosco è spesso un costo se confrontata al misero ricavo derivante dalla legna che ha ormai raggiunto prezzi risibili quando venduta “in piedi”. Se oltre al misero guadagno si aggiungono i fastidi, gli inconvenienti e spesso le “rogne”, allora si comprende quanto sia utile affidarsi sin da subito a professionisti della materia, che magari, ma non è detto, riducono ulteriormente la marginalità, ma certamente evitano errori, reati e prese in giro.

Gestire il verde pubblico – siamo tutti Agronomi!

Cosa ci vuole a gestire il verde pubblico? Nei programmi elettorali di tutte le liste candidate alla amministrazione dei comuni, gli spazi verdi, i parchi, gli alberi sono in cima alle priorità di riqualificazione e tutti promettono di farlo meglio dell’attuale gestione incapace di organizzare le risorse e di risolvere i problemi! Oramai con internet sono tutti agronomi! Il sindaco, gli assessori, i giornalisti e anche i cittadini, tutti amano il verde e lo sanno fare perché il nonno di ognuno faceva il contadino o aveva la vigna con il trattore! Ne ho viste a decine, anzi a centinaia.

Eppure il verde, la sua qualità, quello che dovrebbe dare beneficio alla vita urbana, è sempre peggio! Perché? Eppure oggi governa quello che ieri si lamentava ed ora si lamenta quello che governava prima. Come mai il problema non si risolve e non migliora alcunché, anzi si percepisce un verde pubblico sempre più trascurato? I costi di gestione del verde pubblico sono così aumentati (come in tutti gli altri settori) perché si pagano sempre più persone per dire cosa fare (me compreso!) piuttosto di persone che concretamente fanno!!! L’Amministrazione dovrebbe dare gli obiettivi, originali quanto uno vuole, ma dimensionati a quello che c’è in cassa; il Tecnico del comune (uno e non 3 o 4), deve tradurre in atti giuridico – tecnici gli obiettivi dell’Amministrazione, magari consigliato da un buon agronomo scelto in base al curriculum e sulla fiducia e non su una gara dove vince chi fa meno perché vale meno; le Imprese del verde devono essere imprese con la I maiuscola, ovvero organizzate, preparate, dotate e aggiornate, attente al personale e con passione per il proprio lavoro; i cittadini possono e devono fruire sempre con rispetto il verde pubblico, anche quando non è comodo e può creare qualche naturale inconveniente come le foglie che cadono nel proprio giardino.

Quando si pianta un albero ci si dimentica che è un essere vivente, che i primi anni richiede tante cure per crescere bene ed in sicurezza, che crescerà come Madre Natura lo ha formato, che in ambiente urbano verosimilmente andrà potato e che si ammalerà e potrà anche morire ed essere sostituito. Un albero in città può costare nella sua vita media stimata in 60 anni, circa 3.500 €. Se piantiamo alberi pensando al presente (sotto tutti gli aspetti) senza preoccuparci della sua gestione vitale e dei suoi costi, come possiamo pretendere un buon verde urbano al servizio dei cittadini?

 

Andrea Tovaglieri